Il genio non ha razza.
il coraggio non ha limiti.

Mary Jackson è una delle figure di riferimento del mondo femminile e afroamericano, in una nazione che – purtroppo – ancora oggi deve fare i conti con gli strascichi di una cultura impregnata di discriminazione e razzismo.

Da sempre impegnata per la parità dei diritti, fin dai tempi dell’Alpha Kappa Alpha (la prima sorority storicamente afroamericana) e delle Girl Scout, fu la prima donna di colore a diventare ingegnere aerospaziale presso la NASA.

Una matematica alla NASA

Mary Winston (Jackson dal 1944, anno in cui convola a nozze con Levi Jackson) nasce nel 1921 in Virginia, in un tempo in cui per le donne (soprattutto se afro-americane), l’America (come purtroppo il resto del mondo) non era del tutto la terra dell’oro.

Dopo la laurea in matematica e scienze fisiche, Mary diventa docente di matematica in una scuola afro-americana nel Maryland prima di iniziare ad insegnare anche agli studenti delle scuole superiori e dei college.

Nel 1951, dopo la nascita del primo figlio, Mary viene assunta dal National Advisory Committee for Aeronautics, al quale poi nel 1958 succede la NASA (National Aeronautics and Space Administration).

Inizia al Langley Research Center come matematica di ricerca (o “calcolatrice”, come si diceva all’epoca, prima che le calcolatrici venissero identificate con piccoli aggeggini di plastica che risolvono la vita agli studenti delle superiori) e lavora sotto la direzione di Dorothy Vaughan nella segregata West Area Computing Section (negli anni ‘50 il razzismo era un elemento portante della società americana e da decenni la discriminazione stava alla base dell’interazione sociale).

Vento di cambiamento

Due anni più tardi, nel ‘53, accetta un’offerta dall’ingegnere Kazimierz Czarnecki per lavorare nel tunnel a pressione supersonico: una galleria del vento usata per studiare le forze su un modello generando venti che superano di molto la velocità del suono.

Mary è allora pur sempre una matematica, dunque Czarnecki la incoraggia a formarsi per poter essere promossa a ingegnere e, per ottenere il posto, chiede (e ottiene) di poter seguire i corsi serali di laurea presso l’Università della Virginia (completamente bianca). Arriva così la promozione ad ingegnere aerospaziale e, nel ’58, Mary è la prima donna di colore ingegnere presso la NASA.

Qua si occupa dell’analisi dei dati degli esperimenti in galleria del vento e dei voli aerei presso la Divisione di Aerodinamica Subsonica-Transonica di Langley: l’obiettivo è comprendere il flusso d’aria, le spinte e la resistenza fluidodinamica per migliorare gli aerei statunitensi, svolgendo un ruolo importante in particolare nel calcolo delle traiettorie delle missioni del progetto Mercury e del programma Apollo.

“Il solo limite è il cielo. Ehm, no. La volontà.”

Mentre gira diverse divisioni della NASA (Compressibility Research Division, Full-Scale Research Division, High-Speed Aerodynamics Division e Subsonic-Transonic-Transonic Aerodynamics Division), nel 1979 la Jackson ottiene il titolo più alto all’interno del dipartimento di ingegneria.
Perseguendo il suo impegno nell’aiutare le donne e le altre minoranze ad avanzare nella loro carriera, decide quindi di accettare una retrocessione per poter ricoprire il ruolo di amministratore nel settore Pari Opportunità. Opera come Federal Women’s Program Manager nell’Office of Equal Opportunity Programs e come Affirmative Action Program Manager, combattendo per influenzare i percorsi di carriera al femminile nelle posizioni ingegneristiche, matematiche e scientifiche alla NASA fino al suo pensionamento nel 1985, vent’anni prima della sua scomparsa (2005).

A 15 anni dalla sua perdita, la NASA le conferisce il secondo grande riconoscimento del suo valore. Anzi, il terzo, perché il primo è partito proprio da lei: “Sono una donna nera – non considero niente impossibile” Cit.

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